Rassegna Stampa SPIZ - STAMPA - Il Piccolo 7 febbraio 2013
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Da "IL PICCOLO" di Trieste di giovedì 7 febbraio 2013

2013 02 07 censimento no profit il piccolo WEBL’invasione del “no-profit”
A Trieste 2915 imprese

L’Istat ha realizzato il primo censimento: ogni 71 abitanti c’è un ente che si dedica a malati, anziani, sport, musica, bimbi e “single”. Una galassia molto poco nota

Le imprese produttive a Trieste sono circa 4500 o poco meno, ma ancora un piccolo sforzo e saranno superate in quantità dalla selva di quelle “no profit”, “onlus”, di volontariato, dalle associazioni, dalle fondazioni. Un fenomeno gigantesco e poco noto. Folle di persone che lavorano gratis. Eppure muovono molti soldi. Per la prima volta emerge un numero quasi certo della loro consistenza: 2915. In una città di 207.800 abitanti, ogni 71 cittadini c’è un gruppo così generoso da prendersi cura di qualcun altro o di qualcosa: disabili, anziani, psicolabili e sofferenti psichiatrici, bambini prematuri, bambini operati, bambini orfani, ciechi e sordi, malati di rene, da ictus, di reumatismi, spastici, dislessici e emopatici, celiaci, alcolisti, ma anche cani e gatti abbandonati, viaggi e musicoterapia, lingue straniere, benessere e solidarietà, musica celtica, studenti, genitori separati, divorziati, stranieri, e poi danza e sport, scout e musica d’operetta, perfino “single”, autoconoscenza, tempo libero con materiali come aquiloni e fresbee.
Per la prima volta l’Istat ha promosso un censimento obbligatorio di questa realtà, appoggiandosi alle Camere di commercio, e con multe salate per chi si fosse rifiutato di rispondere entro i termini del 20 dicembre (da 512 a 5184 euro). Finora è saltata fuori solo la consistenza del fenomeno, le schede sono in elaborazione, «ma abbiamo fatto fatica perfino noi a individuare tutti - spiega Alessandro Delfrate, responsabile del settore Finanze, promozione e statistica della Camera di commercio -, oltre che con gli elenchi ufficiali disponibili ci siamo aiutati anche con Internet...».
Il numero trovato a Trieste è unanimemente considerato “enorme”, e saltando il fatto che lo scorso ottobre l’Agenzia delle entrate ha pizzicato qualcuno che, avendo e mantenendo un’attività remunerata, ha ben pensato di trasformarsi in “onlus” per godere degli immensi vantaggi fiscali, questo mondo è una ragnatela fatta di grandi, piccoli e minimi. La stessa Fondazione CRTrieste è un “no profit”, ma per legge deve destinare un quindicesimo dei propri utili alle associazioni di volontariato registrate in Regione (che non sono tutte, la galassia è frastornante). «Tra “onlus” e non onlus sono 7000 su tutto il territorio regionale e almeno 600 a Trieste, dove con un calcolo al ribasso si può dire che siano occupate almeno 36 mila persone, ormai con gravi problemi di cambio generazionale» dice Pierpaolo Gregori, presidente della Federazione regionale volontariato nata nel 2009 e membro del Cda su nomina della Provincia nel Centro servizi volontariato del Fvg con sede anche a Trieste.
È stato calcolato che in Italia dal 2002 al 2011 le Fondazioni bancarie abbiano distribuito al no-profit ben 13 miliardi di euro, Trieste ne aveva avuti 2 nel 2009 ma da allora il contributo è sceso della metà per via dei rendimenti “da crisi” dei patrimoni. Coi soldi dei soli associati certo non si vive e non si lavora, per quanto gratis. Per le associazioni di volontariato iscritte a registro, e sotto il governo della Regione, il Csv che in galleria Fenice ha ben 19 dipendenti fornisce vetture (di proprietà), fax, consulenze, fotocopie e quant'altro serve. Tutto gratis.
«Ma poi ci sono le no-profit non registrate - conclude Delfrate -, fra queste troviamo i partiti politici, i sindacati, enti di ambito ecclesiastico, associazioni di categoria, di studio e di ricerca, di istruzione, inoltre cooperative sociali, di mutuo soccorso... Finalmente, per la prima volta, tutti verranno allo scoperto».
Gabriella Ziani

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