CLANFA
Il tuffo a clanfa, comunemente noto semplicemente come clanfa, prende il suo nome dalla postura del tuffatore al momento dell'ingresso in acqua.
In dialetto triestino Clanfa, significa rampino, graffa o appunto ferro di cavallo, e i triestini l'hanno ereditato dal «klampfe» del dialetto bavarese.

I puristi della "filologica triestina" affermano che tecnicamente la Clanfa è quell'attrezzo in ferro a forma di U usato un tempo in edilizia che serviva a rinforzare, o unire, due parti di una parete o due travi, ma col passare del tempo il vocabolo è stato usato anche con altri significati: per indicare le gambe, per un brutto voto a scuola, e per l'appunto il ferro di cavallo.
Fatto sta che il particolare tipo di tuffo in mare molto in voga a Trieste si chiama così.
La clanfa base, se possiamo usare questo termine, si esegue staccando dalla terraferma fronte all'acqua, durante il volo si assume una posizione "ovoidale" [citando il
Pecile] tale da permettere di raggiungere l'acqua in posizione orizzontale, con gambe e braccia tese proprio a disegnare un immaginario ferro di cavallo. Appena entrato in acqua, con un movimento (che sempre il Pecile definisce "zifonella dele culatte") ci si apre sotto il pelo dell'acqua in maniera da aumentare il più possibile la superficie dell'acqua spostata che richiudendosi dietro la schiena del tuffatore permette allo schizzo di esplodere verso il cielo.
Come altri tuffi triestini, la clanfa ha infinite tipologie e varianti:
- semplice
- taconeti (durante il volo si simula il movimento maschile dell'accoppiamento)
- caminada (durante il volo si cammina nell'aria)
- bianca balena (durante il volo ci si abbassa il retro del costume per fornire prove inconfutabili sul grado di abbronzatura raggiunto)
- c’à o claps (durante il volo si battono le mani... almeno davanti e dietro al corpo meglio se anche tra le gambe destra e sinistra)
Gli americani chiamano questo tuffo "suicide". I rovignesi "rococò". I livornesi "siuski". Ai mura'si del Lido di Venezia è conosciuto come "s'ciompa". Potrebbe essere che la conformazione della costa abbia spinto i tuffatori a studiare un tuffo che permetta loro di non inabissarsi troppo sott'acqua e contemporaneamente di schizzare chi è nei paraggi, meglio se di sesso femminile, ancor meglio se ancora asciutta.
Frase di rito:
"gò schizà?" da rivolgere rivolti verso la terraferma all'uscita dall'acqua
Di seguito le importanti video guide del tuffo a cura del VANZADOR MAXIMO señorito Andrea "SUNSHINE" PECILE